Secondo Asso Bio Plastiche, per bioplastiche si intendono quei materiali e quei manufatti, siano essi da fonti rinnovabili che di origine fossile, che hanno la caratteristica di essere biodegradabili e compostabili. Il concetto di bioplastica si applica dunque a quei prodotti che nel fine vita garantiscono la riciclabilità organica certificata nei diversi ambienti (es. compostaggio, digestione anaerobica, suolo). L’uso di fonti rinnovabili, meglio se provenienti da sottoprodotti e scarti, è parte integrante, ma non sufficiente, di una bioplastica. L’uso di materie prime rinnovabili, infatti, è possibile anche nella produzione di polimeri tradizionali, per esempio il cosiddetto polietilene verde che si comporta, in fine vita, come quello da fonte fossile e non presenta dunque caratteristiche di biodegradabilità e compostabilità. Questi prodotti possono essere qualificati come “plastiche vegetali”, per evitare confusione con le bioplastiche.
Secondo European Bioplastics invece, una materia plastica è definita bioplastica se è biodegradabile, oppure se i suoi precursori derivano totalmente o in parte da fonti rinnovabili, o se presenta entrambe le caratteristiche; quindi anche il cosiddetto polietilene verde RIENTRA NELLA CATEGORIA DELLE BIOPLASTICHE secondo questa associazione.
Biopolimeri secondo la definizione di European Bioplastics (clicca sull’immagine per ingrandire)
Trend 2016-2021: biodegradable vs. Bio-based e durables (clicca sull’immagine per ingrandire)
Prescindendo da queste differenze non banali, focalizziamoci sulle bioplastiche biodegradabili.
Determinate materie plastiche sono predisposte alla biodegradazione.
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Essa è il processo attraverso il quale il materiale polimerico si decompone per azione di organismi viventi. I microrganismi (batteri, funghi, alghe) riconoscono i polimeri come fonte di composti organici, come monosaccaridi e amminoacidi ad esempio, e di energia, ovvero essi sono il loro cibo. Il polimero subisce reazioni chimiche, attivate o catalizzate da enzimi, e degrada attraverso vari processi, prima fra tutte la frammentazione, fino a formare molecole sempre più piccole che entrano nei processi metabolici cellulari generando energia e trasformandosi in acqua, anidride carbonica, biomassa ed altri prodotti di base della decomposizione biotica (concernente gli organismi viventi e i processi vitali).
Questi prodotti non sono tossici e si trovano normalmente in natura e negli organismi viventi. Il processo con il quale una sostanza organica , come un polimero, si converte in una sostanza inorganica, come l’anidride carbonica, si chiama mineralizzazione. Il processo trasforma quindi materiali artificiali in componenti naturali.
Le reazioni chimiche che hanno luogo durante la biodegradazione possono essere classificate sostanzialmente in due gruppi: reazioni di ossidazione e di idrolisi. Esse possono avvenire simultaneamente o in successione: la decomposizione dei polimeri da policondensazione (es. poliestere e poliammide) avviene tramite idrolisi, mentre la decomposizione dei polimeri nei quali la catena principale contiene solo atomi di carbonio (es. alcol polivinilico, lignina) avviene per ossidazione, che può essere seguita da idrolisi dei prodotti di ossidazione.
Ci sono molti microrganismi capaci di degradare biologicamente i le materie plastiche. Essi differiscono gli uni dagli altri in base alle diverse condizioni alle quali sono attivi (umidità, pH, temperatura, salinità, ecc.), quindi sono più o meno specializzati nella decomposizione di differenti substrati in relazione ai sistemi enzimatici di cui fanno uso. Queste condizioni definiscono i substrati che sono in grado di decomporre.
Ma qual è l’arco temporale nel quale la biodegradazione deve avvenire per poter avere un valore pratico? Premesso che le materie plastiche biodegradabili non sono pensate per essere smaltite direttamente gettandole nell’ambiente, in genere si può dire che ogni materiale organico, inclusa la plastica ordinaria, può degradare meccanicamente e chimicamente ad opera dell’ambiente e dei microrganismi. Questo processo però può essere molto lungo.
I termini biodegradabile/biodegradabilità non definiscono né il tempo, né il luogo, né la percentuale di biodegradazione di un materiale. La parola compostabile, quando viene riferita ad un manufatto (imballaggio o un film plastico ad esempio), significa che questo può essere recuperato mediante riciclaggio organico (che comprende il compostaggio industriale e la digestione anaerobica).
Lo standard europeo che definisce il riciclaggio organico degli imballaggi è l’UNI EN 13432. Lo standard UNI EN 14995 definisce invece i prodotti in plastica compostabili, non usati come imballaggi. Questi standard definiscono luoghi, tempi e percentuale minime di biodegradazione.
Per entrambi gli standard un prodotto è definito compostabile quando soddisfa i seguenti criteri:
a) deve essere biodegradabile (> 90% rispetto alla cellulosa) in un processo di compostaggio (180 giorni);
b) deve disintegrarsi in un ciclo di trattamento (90 giorni);
c) non deve avere effetti tossici sul compost prodotto;
d) non deve alterare il processo di compostaggio.
Quando le plastiche biodegradabili sono usate in agricoltura, sono applicati metodi che aiutano a determinare la velocità di biodegradazione che è solitamente più lunga. Le plastiche compostabili sono biodegradabili, mentre le plastiche biodegradabili non necessariamente sono compostabili (la biodegradazione può prendere tempi più lunghi di quelli richiesti dal compostaggio). Dunque le plastiche compostabili sono un sottoinsieme delle plastiche biodegradabili.
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La propensione di un polimero o di un materiale plastico a biodegradare dipende esclusivamente dalla sua struttura chimica. Quindi, rispetto alla sua potenziale biodegradabilità, è irrilevante che il polimero derivi da fonti rinnovabili (biomassa) o da fonti non rinnovabili (fossili). Ciò che conta è la struttura chimica finale.
Polimeri biodegradabili di origine fossile
Nome |
Proprietà |
Può sostituire |
Appicazione |
Polibutirrato adipato tereftalato (PBAT) |
Flessibilità e resilienza; usato come additivo ad altri polimeri che hanno rigidità e resistenza ma sono fragili. |
LDPE, HDPE |
Sacchetti per rifiuti, film avvolgibili, prodotti usa e getta (piatti, contenitori per cibi, bicchiri, tazzine ecc. |
Polibutilen succinato (PBS) |
Buon effetto barriera per l’ossigeno |
PP |
Film, borse, o contenitori, per packaging cosmetico ed alimentare |
Policaprolattone (PCL) |
Buona resistenza all’acqua, oli, solventi e cloro |
Produzione di poliuretani speciali |
|
Polivinil alcol (PVOH – PVA) |
Solubilità in acqua |
Produzione della carta, tessile, coating |
Polimeri biodegradabili di origine naturale
Biopolimero |
Origine |
Materia prima |
Proprietà |
Può sostituire |
Amido derivati |
Mais, patata, grano, tapioca |
Amido |
Bassa barriera al vapore acqueo, scarse caratteristiche meccaniche, difficile processabilità |
PS |
Cellulosa derivati |
Pasta di legno |
Cellulosa |
Bassa barriera al vapore acqueo, scarse caratteristiche meccaniche, fragilità difficile processabilità |
PP |
Poliidrossialcanoati (PHA e PHB) – origine microbica |
Mais, patate, tapioca, oli vegetali |
Amido |
PHA varia da rigido/fragile a similgommoso PHB migliori proprietà barriera all’ossigeno sia del PP che del PET, migliore proprietà barriera al vapore acqueo del PP e barriera agli odori e al grasso sufficienti per uso alimentare. |
PP, PE |
Acido polilattico (PLA) |
Mais, patate, tapioca, grano. |
Acido lattico |
Alto modulo, buona resistenza meccanica, limitata stabilità termica e limitate applicazioni per le sue basse % di cristallinità e fragilità |
LDPE HDPE |
Queste tabelle sono di carattere generale e servono semplicemente a differenziare i polimeri biodegradabili da fonte fossile da quelli da fonte naturale. Maggiori e più aggiornate informazioni sulle caratteristiche dei vari prodotti possono essere trovate sui siti dei produttori di tali polimeri.
Fonti: Biodegradables Polymers and Plastics
assobioplastiche.org
european-bioplastics.org