Le materie plastiche, più comunemente chiamate con il termine detrattivo “plastica”, sono molto presenti nella nostre vita ed economia quotidiane. Ci rendono la vita più facile, talvolta più leggera o più economica se comparata ad altri materiali. Tuttavia, se non sono smaltite in modo appropriato o riciclate dopo il loro utilizzo, possono persistere nell’ambiente per tempi molto lunghi e possono anche degradare in pezzetti molto piccoli che diventano preoccupanti per la salute dell’uomo e dell’ambiente: le microplastiche.
Ricordiamoci bene che la “plastica” non è intrinsecamente deambulante e se viene dispersa nell’ambiente qualcuno ce la deve portare e mettere.
Le microplastiche, di dimensioni generalmente inferiori a 5 mm, non sono solo la risultante di un processo di degradazione dei vari materiali polimerici, ma anche di processi di usura e deterioramento di pezzi di dimensioni maggiori, inclusi i capi di fibre sintetiche.
Talvolta sono deliberatamente prodotte ed intenzionalmente aggiunte ad alcuni prodotti di uso comune con uno scopo preciso, ad esempio come esfolianti per il viso o per il corpo, nonché come coadiuvanti allo sbiancamento nei dentifrici. Inoltre alcune materie plastiche possono contenere sostanze considerate pericolose per la salute umana e/o per l’ambiente. Le microplastiche, una volta rilasciante nell’ambiente, possono accumularsi negli animali, inclusi i pesci ed i molluschi e di conseguenza essere consumate come cibo.
Si stima che tra il 2 ed il 5 % di tutta la “plastica” prodotta finisca negli oceani; di questa percentuale fanno parte anche le materie plastiche in forma di microplastica.
Nonostante le microplastiche intenzionalmente aggiunte siano un una parte proporzionalmente molto piccola rispetto a quella presente nei mari, esse possono causare problemi a monte dei mari stessi, ovvero nelle acque interne e nei terreni. Proprio per questo parecchi stati, compresi alcuni membri dell’Unione Europea, hanno messo in atto azioni restrittive sull’utilizzo intenzionale di microplastiche in alcuni prodotti consumer, principalmente le microsfere nei prodotti cosmetici da risciacquo dove vengono impiegate come agenti esfolianti o detergenti.
La Commissione Europea ha pubblicato recentemente uno studio che fornisce ulteriori informazioni sull’uso intenzionale delle microplastiche ed il rischio rappresentato per l’uomo e l’ambiente, mentre l’agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha rivisto le evidenze attualmente disponibili per le micro e nano plastiche negli alimenti.
La Commissione Europea, in linea con le procedure del regolamento REACH riguardanti le sostanze che possono mettere a rischio la salute dell’uomo e/o dell’ambiente, ha chiesto all’ECHA di valutare le evidenze scientifiche per poter poi regolamentare, a livello di Unione Europea, l’utilizzo intenzionale di microplastiche su qualsiasi tipo di prodotto.
ECHA ha annunciato, lo scorso gennaio, che avrebbe esaminato la necessità di una restrizione a livello europeo per l’immissione sul mercato o l’utilizzo di microplastiche intenzionalmente aggiunte in prodotti e usi che rilasciano intenzionalmente queste particelle nell’ambiente.
Come prima parte di queste investigazioni, ECHA ha lanciato una “call for evidence and information” sulle particelle in micropastica intenzionalmente aggiunte con lo scopo di raccogliere dati su tutti gli usi intenzionali delle microplastiche. Questi dati serviranno a verificare se e quali rischi esistono e per valutare l’impatto socio-economica di eventuali restrizioni.
La call è iniziata il 28 marzo e terminerà l’11 maggio 2018
Cosmetici, prodotti per il “personal care”, detergenti, prodotti per la pulizia, vernici, prodotti usati nell’industria petrolifera, abrasivi sono quei prodotti in cui le microplastiche possono essere aggiunte intenzionalmente.
Fonte:
ECHA web Microplastics
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